Bullied To Death – Dopo che gli occhi hanno visto non possono più voltarsi altrove

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Bullied to death è una denuncia, poetica e cruda, ma non fine a se stessa. Lancia un allarme e allo stesso tempo propone strumenti di cura. Offre spunti terapeutici in grado di inoculare anticorpi culturali nelle nuove generazioni e spingere le figure educative e i soggetti politici a occuparsi in maniera sistematica del bullismo omotransfobico. Richiama l’urgenza di interventi strutturali e stratificati di educazione affettiva, relazionale, sessuale e di educazione alle differenze. “È necessario che a scuola si parli di genere sessuale il prima possibile”, afferma una delle protagoniste del film, perchè è la scuola che primariamente deve intercettare e accogliere quelle differenze non rispettate, svalorizzate, mortificate a facili bersagli  di comportamenti bullistici.

Il film racconta storie di vita e identità, che si muovono tra la clandestinità e la cronaca, oscillando tra questi due mondi complementari. Quello clandestino/privato, nascosto e schiacciato da dinamiche di esclusione,  governato dalla vergogna e spesso  dalla paura, perché ammettere di subire prevaricazione e violenza può costringere a fare coming out in modo forzato, con modi e tempi che non corrispondono a quelli propri. Dalla clandestinità quelle storie si spostano improvvisamente al mondo della cronaca, attivando risposte di emergenza governate da logiche punitive e securitarie che alimentano la dialettica asimmetrica del bullismo. Quella specifica asimmetria relazionale che caratterizza i rapporti tra vittima e bullo a scuola è lo specchio di un equilibrio sociale disfunzionale che non può risolversi in una semplicista e riduttiva spiegazione di fenomeno naturale nell’adolescenza.

Il bullismo omotransfobico si genera nell’asimmetria di potere socialmente costruita ma si differenzia dalle altre forme di prevaricazione perchè è eteronormativo e si realizza dando forma violenta e discriminante alle presunte deviazioni dalla norma di genere e alla eterosessualità.

Per contrastarlo quelle storie di vita e di identità devono trovare spazio differente, di accoglienza e affermazione,  soprattutto nel contesto scolastico. È necessario liberare gli spazi fisici, simbolici e discorsivi dai pregiudizi e dalla violenza. Aprire solchi narrativi per poter nominare le esperienze senza etichette e legittimarne l’esistenza. Come quando un bambino o una bambina transgender scoprono che esiste un nome per descrivere quel vissuto doloroso che stanno vivendo nella clandestinità e nel silenzio, col terrore di non esistere.

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Bullied to death, per il regista Giovanni Coda, è un film difficile da gestare e produrre ma non difficile da guardare. Eppure quel contrasto tra immagini e narrazioni riesce a creare un forte attrito tra emozioni e cognizioni, lasciando il fiato sospeso e un sapore di rabbia nella bocca di chi guarda.

In quel contrasto, forte e a volte fastidioso e incomprensibile, tra le immagini che passano e le parole autobiografiche dei/delle protagonist*, sembra a volte ripresentarsi quell’accostamento stridente tra cronaca e immagini stereotipate.  Un immaginario che spesso viene utilizzato in modo strumentale e distorto per rappresentare la comunità LGBT decontestualizzando e mistificando quegli atti performativi che hanno invece una potente funzione di autoaffermazione e liberazione dei corpi  dalle norme eterosessiste.

Bullied To Death costringe a spalancare gli occhi, fa emergere dalla clandestinità, da corpo, voce e vibrazione, scuotendo il senso di responsabilità in chiunque. Perché dopo che gli occhi hanno visto non possono più voltarsi altrove.

Francesca Fadda

Bullied to Death è un film del 2016 scritto e diretto da Giovanni Coda. Grato in Italia e recitato in lingua inglese, è stato presentato dal regista e proiettato in anteprima nazionale all’edizione 2016 del Torino GLBT Film Festival. Il film è il secondo episodio della trilogia sulla violenza di genere iniziata dal regista con il film Il Rosa Nudo. ll film si ispira alla vera storia di un giovane quattordicenne americano suicidatosi al seguito di una drammatica sequenza di gravi atti legati al bullismo omofobico scolastico e al cyberbullismo. A questa storia si legano quelle di altri giovani gay, lesbiche e trans, vittime di attacchi omofobi, uccisi o indotti al suicidio, in diverse parti del mondo. Il 17 maggio 2071 a sessant’anni dalla morte del giovane, durante la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, un gruppo di artisti si ritrova unito in una performance commemorativa che attraverserà l’arco dell’intera giornata.

[Fotogrammi del Film Bullied to death di Giovanni Coda]

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Insegnanti… occhio ai progetti!

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In questi giorni i docenti delle scuole italiane sono chiamati a valutare ed approvare i progetti proposti, per inserirli eventualmente nel P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa). Questo è un documento col quale la scuola comunica all’esterno le attività che vengono svolte all’interno dell’Istituto. Esse comprendono sia le attività curricolari, ossia le ore di lezione svolte dai docenti che operano nella scuola, sia le attività extra-curricolari, ossia attività che vanno ad ampliare l’offerta formativa con progetti riferiti ad ambiti specifici.
Questi progetti possono essere presentati o dagli stessi docenti dell’Istituto, o essere proposti da esperti esterni, che mettono a disposizione della scuola la loro professionalità e competenza su una specifica tematica.

Fra questi ultimi ci possono essere progetti, in apparenza molto accattivanti, che si propongono di affrontare in modo innovativo temi delicati quali l’educazione all’affettività ed alla sessualità. Gli insegnanti, che spesso si sentono inadeguati ad affrontare questo tipo di tematiche, sia per la mancanza di competenze specifiche, sia per la difficoltà di trattare questi temi con gli alunni, potrebbero essere portati, dopo una lettura superficiale, ad approvare volentieri progetti di questo tipo.

È necessario, però, verificare innanzitutto la fondatezza scientifica degli argomenti trattati e il rispetto dei principi su cui si basa l’attività della scuola. Come fare?
Quello che ci sentiamo di consigliare come associazione di promozione sociale e culturale è sicuramente di indagare sulle reali intenzioni e le fonti da cui nascono tali progetti. I dibattiti sulla fantomatica “ideologia gender”, promossi e divulgati dai associazioni quali Pro Vita e Manif Pour Tous, purtroppo non sono ancora stati chiusi. Queste associazioni, dalla finalità poco chiara, diffondono informazioni non suffragate da dati scientifici che, nei mesi scorsi, hanno messo in allarme i genitori degli alunni in merito a strane attività che, a detta di tali associazioni, sarebbero state effettuate all’interno delle scuole. Casualmente questi allarmismi, rivelatisi poi infondati, si sono verificati mentre in parlamento si discuteva dell’approvazione del disegno di legge sulle unioni civili…

Oggi queste stesse associazioni potrebbero essere dietro i progetti che vengono presentati nelle scuole. In alcuni casi, i responsabili scientifici di questi progetti potrebbero essere molto vicini a personaggi noti per aver rilasciato pubblicamente affermazioni come “l’omosessualità è un male di vivere che viene da dentro e l’unica soluzione è correggerlo” o “le unioni civili provocheranno l’aumento dei casi di femminicidio”.
Va ricordato che già dal 1990 l’omosessualità è stata definitivamente cancellata dall’elenco del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.
Tali dichiarazioni, oltre a essere contrarie alle affermazioni scientifiche, sono in totale contrasto con gli obiettivi di una scuola che si propone di essere “inclusiva” e che vuole porre al centro della propria attività il rispetto della persona e dei diritti umani.

In sintesi, questi sono i passaggi da tener presenti quando progetti legati ai temi dell’educazione all’affettività e alla sessualità vengono sottoposti all’attenzione dei dirigenti scolastici e dei docenti:

  • leggere attentamente i contenuti del progetto;
  • effettuare delle ricerche per individuare i responsabili scientifici dei progetti e le persone e/o associazioni a cui si ispirano;
  • avere sempre come punto di riferimento informazioni corrette dal punto di vista scientifico, con fonti verificabili, poiché questo è l’unico modo per mettere a tacere eventuali false convinzioni legate agli argomenti trattati.

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La Formica Viola, impegnata nella diffusione di informazioni corrette al fine di promuovere a livello sociale l’educazione ed il rispetto delle differenze, è a disposizione di docenti, dirigenti scolastici e genitori che avessero bisogno di chiarimenti. Vi invitiamo a contattarci per segnalarci eventuali dubbi sull’attendibilità e sul rigore scientifico dei progetti proposti nelle scuole.

Amori Resilienti – Tre date a Pescara

AMORI RESILIENTI
Controcultura dei sentimenti violati
4 – 8 – 13 marzo 2016
Spazio Matta – Pescara

L’associazione La Formica Viola con il patrocinio del Comune di Pescara, è lieta di annunciare la rassegna culturale “AMORI RESILIENTI. Controcultura dei sentimenti violati”. Gli appuntamenti sono tre e avranno luogo il 4, l’8 e il 13 Marzo 2016 a Pescara presso lo Spazio Matta in via Gran Sasso n°53 alle h. 21.

Il progetto verte sul tema degli amori laceranti e straordinari allo stesso tempo, i quali, nonostante la loro profonda drammaticità, riescono a far emergere risorse personali spesso inesplorate e a far giungere a inaspettati percorsi di autoaffermazione.

L’amore, quello violato dall’invisibilità, dalle prescrizioni e dal conformismo, diventa lo scenario di un cambiamento grazie a cui viene restituito valore alla soggettività e riscatto sociale.
La resilienza è quella capacità umana grazie alla quale è possibile trasformare un evento potenzialmente destabilizzante in una esperienza formativa e di crescita personale. Un processo pervasivo, al termine del quale le ferite possono gradualmente essere rimarginate affinché si verifichi una piena ripresa del controllo della propria vita, non restando più incagliati nel ruolo di vittime.

Attraverso il teatro e il cinema, l’evento si propone come uno spunto per attivare fattori di resilienza nel contesto culturale, sviluppando la consapevolezza emotiva e cognitiva di quei meccanismi sociali percepiti come un ostacolo al riconoscimento di sentimenti, identità e diritti. Consapevolezza, coscienza civile, relazioni orientate al rispetto possono diventare quelle barriere protettive in grado di ridurre i rischi di discriminazione e violenza e promuovere una cultura dell’accoglienza.

Amori Resilienti si aprirà il 4 Marzo con l’evento “Memorie”, che prevede la proiezione del film “Il Rosa Nudo” del regista Giovanni Coda, dedicato alla vita di Pier Sell, deportato perché omosessuale. L’8 Marzo sarà la volta dello spettacolo teatrale “Amuri”, con Alberta Cipriani e Alessandro Piavani, sotto la regia di Maria Francesca Finzi. Il 13 Marzo, infine, verrà proposto il tema “Abusi”, spettacolo-confernza che intreccia teatro, reading e proiezioni per raccontare la violenza di genere, co-produzione de La Formica Viola e La Compagnia dei Merli Bianchi.

La rassegna è realizzata con il contributo dell’ Agenzia Generale UnipolSai di Cepagatti ed in collaborazione con MagLab, Artisti per il Matta, l’associazione Movimentazioni, il BookCaffè Primo Moroni, AltraPsicologia, Anddos, Donn.è, Ananke, Arcigay, Deposito dei Segni, e la già citata Compagnia dei Merli Bianchi.
È prevista una sottoscrizione associativa per l’ingresso: si può accedere ad un singolo evento con una quota minima pari a 5€.
Alla fine di ogni incontro è previsto un dibattito.
La cittadinanza è invitata a partecipare.

“Senza cultura e la relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla. Ecco perché ogni autentica creazione è in realtà un regalo per il futuro”.
{Albert Camus}

La Formica Viola è un’associazione di promozione sociale creata per diffondere la cultura dell’accoglienza e del rispetto. Fondata nel 2015, la sede si trova a Montesilvano {PE}.#CostruireCambiamento è il suo slogan nonché un vero e proprio obiettivo.
Come si costruisce una pervasiva e radicata cultura del rispetto? Innanzitutto promuovendo e diffondendo il valore dell’inclusione e valorizzando le “differenze”. Altri punti fondamentali perseguiti e promulgati dall’associazione sono l’educazione all’affettività, la conoscenza delle diversità, il superamento degli stereotipi di genere, la lotta contro le discriminazioni e la promozione delle pari opportunità.

Per ulteriori informazioni:
Dott. Davide Silvestri {347.81.50.573}
Dott.essa Francesca Fadda {347.21.14.917}
www.laformicaviola.com/

Pagina fb: facebook.com/laformicaviola

Mail: laformicaviola@gmail.com

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Lettera aperta all’Ufficio Scolastico Regionale per l’Abruzzo, in merito alla risoluzione approvata dal Consiglio Regionale sulla cosiddetta “Teoria gender”

Lettera aperta al direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Abruzzo, dott. Ernesto Pellecchia in merito alla risoluzione del Consiglio Regionale dell’Abruzzo del 21 gennaio 2016 riguardante la cosiddetta “Teoria gender”
 
La risoluzione in oggetto, presentata dall’assessore Paolo Gatti ed approvata a maggioranza nella V Commissione Consiliare, impegna il governo regionale a stipulare accordi con l’Ufficio Scolastico Regionale al fine di impedire la divulgazione della cosiddetta “Teoria gender” nelle scuole abruzzesi.
Si fa rilevare innanzitutto l’inutilità e l’infondatezza di tale risoluzione, il cui testo è intriso di preconcetti e interpretazioni strumentali, poiché la cosiddetta “Teoria gender” non esiste e la sua elaborazione è frutto di una visione semplicistica e non scientifica basata su interpretazioni distorte di quelli che in realtà sono gli Studi di Genere. Questi non costituiscono una dottrina, ma un corpus di teorie scientifiche che segue un approccio pluri e interdisciplinare centrato sullo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell’identità di genere e tesi alla riduzione del pregiudizio e della discriminazione fondati sul genere e sull’orientamento sessuale.
Gli interventi di educazione alle differenze nelle scuole non mettono in discussione le differenze biologiche tra maschi e femmine, ma promuovono una riflessione complessa delle dimensioni psicologiche, sociali e culturali che permettono l’espressione plurale di modi di essere maschi e femmine, favorendo una cultura delle differenze e dell’accoglienza e del rispetto della persona.
Tali interventi non sono imposti: spetta alle scuole il compito di predisporli, nelle forme e nelle modalità che riterranno più opportune ed efficaci, sulla base della loro autonomia didattica e gestionale, come espresso nella circolare n. 1972, inviata dal Ministero alle scuole in data 15 settembre 2015.
Già a settembre 2015 il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone affermava: “Non esiste alcuna ‘teoria gender’…  Quindi basta falsità, allarmismi e strumentalizzazioni. Se ne facciano una ragione quanti stanno diffondendo informazioni distorte da nord a sud, ai docenti e alle famiglie. Si chiama terrorismo psicologico, si chiama calunnia, adesso basta. La scuola non trasmette nessuna pratica demoniaca e nessuna imposizione di orientamenti sessuali. Non possiamo permettere che simili fandonie possano essere diffuse tra le famiglie generando panico ingiustificato… La scuola educa al rispetto attraverso la conoscenza del diritto e dei diritti della persona, in ottemperanza delle leggi e delle convenzioni internazionali.”
La stessa Ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, riferendosi a chi paventava il rischio dell’insegnamento della “teoria gender” nelle scuole italiane ha parlato di una “truffa culturale”.  Nella circolare n. 1972, si ribadisce la finalità di “raggiungere e maturare le competenze chiave di Cittadinanza… fra cui l’autodeterminazione consapevole e il rispetto della persona, così come stabilito pure dalla Strategia di Lisbona 2000. Nell’ambito delle competenze che gli alunni devono acquisire, fondamentale aspetto riveste l’educazione alla lotta ad ogni tipo di discriminazione, e la promozione ad ogni livello del rispetto della persona e delle differenze senza alcuna discriminazione.
La risoluzione della Regione Abruzzo, inoltre, ha carattere intimidatorio nei confronti del personale docente, limitandone palesemente la libertà d’insegnamento, sancita dall’articolo 33 della Costituzione Italiana, che recita “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Nella circolare sopra citata si sostiene invece che il personale scolastico deve essere debitamente formato e aggiornato al fine di favorire “l’aumento delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere…”.
Le associazioni sottostanti prendono le distanze da tale risoluzione e chiedono che sia aperto un tavolo di confronto con l’Ufficio Scolastico Regionale al fine di garantire nella regione Abruzzo una corretta informazione sulle tematiche relative alle differenze ed alla prevenzione delle discriminazioni e del bullismo, in tutte le loro forme. Le associazioni ritengono che sia necessario avvalersi di espert* e professionist* nei settori della psicologia, sociologia, pedagogia e avvocatura per diffondere concetti scientificamente corretti grazie ai quali è possibile favorire processi di costruzione e rispecchiamento delle singole identità.
Firmatari
LA FORMICA VIOLA                                                                                           
ARCIGAY TERAMO
ARCIGAY L’AQUILA MASSIMO CONSOLI
ALTRAPSICOLOGIA
ANDDOS
DONN.è
ARCIGAY PESCARA
UAAR ABRUZZO
JONATHAN DIRITTI IN MOVIMENTO

Gender e terrorismo psicologico, quando la paura chiude il dialogo

Fonte: http://www.pescarapescara.it

articolo di Sonia Carosella

Paola Petrucci

Chi ha paura del gender? Il libro di Paola Petrucci, consigliera di Pari opportunità della Regione Marche, presentato presso il centro culturale SpazioPiù di Pescara, pone già nel titolo un importante interrogativo che è lecito porsi, dato il fitto dibattito che la tematica ha suscitato in tempi recenti a livello internazionale. Avendo ricoperto un ruolo tecnico in tema di pari opportunità per molto tempo, l’autrice ha trovato lo spunto per la nascita del libro dal rifiuto culturale del nostro paese di affrontare le differenze di genere. “Pari opportunità non significa, come diffuso nell’immaginario comune, essere tutti uguali – ha dichiarato la Petrucci – vuol dire, letteralmente, avere le stesse opportunità. E il fatto che siamo ancora qui a parlarne è assurdo”.

Il libro nasce dalla constatazione personale della fatica di essere donna in un mondo di maschi, e dalla difficoltà di rimanere imparziali quando si affrontano tali temi. Molto spesso infatti, gli interventi vengono fatti a senso unico, senza dare la possibilità di esprimere un parere diverso.

Dedicato a degli uomini, nello spirito di massima apertura del dialogo, il volume si pone l’obiettivo di spiegare in modo semplice e diretto come nasce il termine gender. Moltissimi gli studi citati, a partire dalla riassegnazione del sesso di Money, smentita da molto tempo dal mondo accademico, e le teorie di Freud sulla mutabilità del genere e la sua percezione psicologica e sociale. Come illustrato dall’autrice infatti, il genere non è definito solo dall’aspetto biologico, ma anche dalla percezione che la persona ha di sé e da come essa viene vista dalla società.

Molto spesso, parlando delle tematiche di genere, si tira in ballo la natura o l’essere contro natura di alcuni orientamenti sessuali. L’assurdità di tali argomentazioni sta nel fatto che, proprio nel mondo animale, il genere non è sempre chiaro. La copertina del libro ritrae una chiocciola, e non è un caso. I gasteropodi, classe di molluschi cui appartengono chiocciole e lumache, sono ermafroditi, ovvero possono essere al contempo sia maschio che femmina.

“La cultura recente ha fissato nell’immaginario collettivo degli stereotipi di genere ben determinati, sebbene anche la storia ci dimostri questi cambino nelle varie epoche; basti pensare che il trucco, le parrucche e i tacchi furono inventati per gli uomini, e il loro uso indicava uno status sociale preciso. Le cose cambiano dunque molto velocemente, prima ancora che riusciamo a rendercene conto; dobbiamo riuscire a trasmetterle nel modo corretto, poiché la cultura non riesce a cambiare di pari passo con la realtà”.

Quando si parla di genere, infatti, si entra molto spesso in un presunto concetto di ideologia, a dimostrazione di quanto il tema faccia discutere e porti con sé il rischio di polarizzazione del discorso; questo, come dichiarato dall’autrice, proviene “dalla tendenza a pensare in modo sessista, legato indissolubilmente alla nostra società; e purtroppo sono proprio le donne a pensare in modo sessista, a rifiutare i neutri. Ciò dimostra che dobbiamo imparare a pensare e parlare nel modo corretto, evitando le gerarchie di genere”.

Per combattere gli stereotipi, e di conseguenza il bullismo e la violenza, anche solo verbale, bisogna favorire la cultura del rispetto, cominciando dall’infanzia. Come illustrato da Francesca Fadda, dell’associazione di promozione sociale La formica viola, si deve combattere il rifiuto di impegnarsi nell’affrontare queste tematiche, come spesso accade nelle scuole italiane. “Il libro di Paola Petrucci ha il pregio di rendere accessibili gli studi di genere, parlandone in modo semplice e diretto. Purtroppo ci troviamo a combattere situazioni di estremizzata chiusura mentale; si è creata una ragnatela di associazioni che blocca l’accesso alle conoscenze, ed è riuscita a creare un mostro a una velocità sorprendente. Le informazioni viaggiano a senso unico creando terrorismo psicologico, senza fondamenti scientifici cui rifarsi. Invece per prevenire la violenza di genere c’è bisogno di lentezza, di concedersi il tempo per capire e accettare le differenze, sviluppando il pensiero critico”.

Dibattito a SpazioPiù

L’informazione come arma per prevenire gli stereotipi, dunque. Il bullismo, la violenza di genere, sono tutti indicatori di una società che fatica ad accettare la diversità, che ridicolizza chi non si adegua alla massa. Gli stereotipi si attivano in sordina, prima che possiamo accorgercene; per combatterli, bisogna prendere la parola proprio quando si sente il bisogno di mordersi la lingua, per dare la possibilità al pensiero razionale di uscire allo scoperto ed evitare che il pensiero sessista diventi la normalità.

“La polarizzazione dell’argomento non aiuta il pensiero critico – ha spiegato Anna Rita Rossini, della Commissione Pari opportunità di Pescara – essa è anzi l’inverso del dialogo. I bambini sanno dialogare in maniera naturale; i genitori, al contrario, hanno spesso bisogno di ascoltare, di essere educati su tematiche che non conoscono e che li spaventano. Si devono trasmettere competenze sociali ed affettive che promuovano la cultura dell’accoglienza”.

Tutto ciò trova ampio riscontro, a Pescara, nel panico generato da alcuni gruppi di genitori in occasione del Festival delle Letterature dell’Adriatico. Durante il festival, infatti, alcune associazioni sono intervenute nelle scuole dell’infanzia cittadine con letture di favole volte a promuovere il dialogo e l’accoglienza; tuttavia, in un crescendo di delirante gravità, molti genitori si sono affidati a voci di corridoio che volevano detti interventi impegnati in attività di educazione sessuale ritenute poco adatte alle fasce di età cui erano rivolte.

“Questi episodi sono nati sulla scia della messa all’Indice di alcuni libri per bambini da parte del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro – è intervenuta la consigliera comunale Daniela Santroni – Tali volumi, disponibili in tutte le librerie, parlano di famiglie, genitori, animali. Proibiti per assurdi motivi legati a una presunta promozione del gender”. Il caso emblematico di Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni è ormai internazionale; i due colori, tanto diversi ma tanto amici, finiscono per mescolarsi per creare il verde. Ritenuto pericoloso tanto da finire nella lista nera secondo il sindaco veneziano, ha creato una mobilitazione straordinaria tra cittadini, autori, genitori, librai, bibliotecari.

La censura dei libri, impensabile in una civiltà democratica, è un importante campanello di allarme; essa è rivelatrice della paura, della polarizzazione di una cultura che fatica ad aprirsi all’altro e farnetica parlando della necessità dell’esclusione per assicurare protezione ai cittadini. La scuola pubblica ha il dovere di tutelare i bambini, di assicurare l’inclusione, la collaborazione, di essere criticamente formativa; la censura in nome di una presunta ideologia porta a chiedersi “Chi ha paura del gender?”

di SONIA CAROSELLA

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La Formica Viola è un’associazione di promozione sociale creata per diffondere la cultura dell’accoglienza e del rispetto.

Promuove e valorizza l’autodeterminazione di genere proponendosi di intervenire nella decostruzione di rappresentazioni culturali e stereotipi di genere ritenuti da numerosi e consolidati studi sociologici e psicosociali alla base di processi di discriminazione ed episodi di bullismo.

Organizza eventi culturali e propone interventi psico educativi nelle scuole.

I genitori 1 e 2 della Formica Viola sono Davide Silvestri (psicologo) e Francesca Fadda (psicologa, psicoterapeuta).